Nel libro “Il mondo nella rete”, Stefano Rodotà intese spiegare come il web, nel suo continuo evolversi, abbia da un lato creato una dimensione, seppur virtuale, di villaggio globale con la connessa speranza della costituzione di una vera democrazia diretta sotto forma di un diritto di accesso neutrale ai suoi contenuti a chiunque (siano essi semplici usufruitori o attivi creatori), ma, dall’altro, abbia però mostrato i suoi limiti essendo incapace di arginare l’assalto al diritto individuale di vedere protetti i propri dati personali.

Quando uscì questo testo, l’intelligenza artificiale ancora era una realtà immaginata. Oggi è divenuta concretamente attiva nelle nostre vite mostrando anch’essa due facce di una stessa medaglia: se da un lato essa può divenire valido aiuto in molti ambiti della vita, dall’altro il suo addestramento prevede un accesso praticamente illimitato alla vita digitale di ognuno di noi, inconsapevoli internauti. L’IA risponde alle nostre domande, dipinge i nostri quadri, scrive le nostre idee, canta la nostra musica, calcola i nostri conti, progetta le nostre idee, fa parlare persone scomparse da tempo o pronunciare discorsi a persone viventi che mai avrebbero detto.

Come sempre, non è lo strumento in sé il pericolo, bensì l’uso che se ne fa e che troppo spesso è tutt’altro che edificante. E allora la comunità reale prova ad arginare i rischi per la sicurezza dei diritti delle persone emanando regolamenti e norme. Ma se chi è tenuto al loro rispetto non lo fa, se considera le sanzioni un mero rischio di impresa e si fa beffe della legge inventando ogni volta qualche nuovo sistema per aggirarle, ecco che lo strumento diviene esclusivamente arma da usare sui cittadini del villaggio globale che perdono, ogni giorno un poco alla volta, i propri diritti individuali. E i diritti divengono orfani girovaghi che attendono invano d’essere adottati.

Virus informatici, esfiltrazioni di dati, furti di identità, truffe, diffamazioni e discriminazioni sono solo alcuni degli aspetti che rappresentano il fallimento della tecnologia. E i Regolamenti, dal GDPR, passando per l’AI Act fino al prossimo NIS 2 (per la sicurezza dei sistemi informatici degli Stati membri UE che troverà applicazione nel prossimo mese di ottobre) intendono porsi ad argine dei rischi sulla sicurezza della persone, ma se ognuna di queste norme non viene sostenuta fin dalle sue fondamenta da una vera e propria etica delle intenzioni, sarà sempre più difficile riportare la rete entro quell’orizzonte di democrazia reale e globale che è stata la nobile idea alla base della sua nascita. E vorremmo poter credere che quell’orizzonte, che ora appare così lontano, non sia definitivamente perduto né irraggiungibile se, nel tentativo di conquistarlo – come ha detto Padre Benanti, teologo e filosofo francescano, Presidente della Commissione sull’IA per l'informazione e membro del Comitato ONU di esperti sull’AI - non perderemo mai di vista l’umanità consapevoli che: «l’intelligenza artificiale è un moltiplicatore e quindi può moltiplicare anche le disuguaglianze».


Fonte - La Guida (Milena Comino - Pentha S.r.l.)

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