Secondo un pensiero che sta velocemente diventando una comune convinzione, mentre l’America è un crogiuolo di innovazione dalla quale la Cina attinge per riprodurne i risultati, L’Europa resta chiusa nella sua stanza a regolamentare. E questa sua predisposizione sarebbe il motivo per il quale, dalla finestra di questa stessa stanza, essa resta a guardare mentre in mondo cambia, senza dunque partecipare a questa inarrestabile gara per l’innovazione.

Tuttavia, è errato credere che sia la sua inclinazione a osservare e normare il motivo della sua involuzione dei mercati, soprattutto se si considera che la sua preoccupazione in merito alla crescita esponenziale di sistemi di Intelligenza Artificiale è volta a garantire costantemente che essa non mini i diritti fondamentali delle persone, come quello alla protezione dei dati personali dei cittadini per evitarne l’abuso indiscriminato. E questo modello normativo europeo, che intende indubbiamente garantire una libera circolazione dei dati ma nel rispetto delle persone alle quali appartengono, è in realtà un modello internazionale al quale si ispirano molte altre realtà extra europee.

Il problema dell’Europa, dunque, non sono le regole i cui valori sono di ispirazione per molti governi di tutto il mondo, quanto piuttosto una mancanza di politiche comuni di investimento in un settore, quello tecnologico, che è inesorabilmente in forte crescita e nel quale il nostro continente fatica ad essere competitivo.

Come ha ricordato Mario Draghi nel suo discorso al Parlamento europeo di Bruxelles: «Il ritmo dei progressi nell’Intelligenza artificiale è accelerato rapidamente […] (ma) la maggior parte dei progressi sta ancora avvenendo fuori dall’Europa […] dobbiamo creare le condizioni affinché le aziende innovative crescano in Europa, piuttosto che rimanere piccole o trasferirsi negli Stati Uniti».

Ciò significa che, per poter essere competitivi pur restando un continente che sa garantire la tenuta dei diritti delle persone, è necessario superare quella frammentazione che da sempre caratterizza l’Europa e lavorare uniti affinché essa sappia esprimere il suo potenziale. Che c’è eccome, su questo non vi è alcun dubbio, ma ha bisogno ora più che mai che gli Stati membri sappiano essere compatti e lavorino insieme in un’unica direzione, smettendo di alimentare contrasti e opposizioni che a oggi sono i soli responsabili della lentezza con la quale il nostro continente cerca di recuperare terreno nel mercato tecnologico internazionale.

«Da soli si va più veloce. Insieme si va più lontano» cita un proverbio africano. E l’Europa, se saprà essere veramente Una, non solo andrà molto lontano, ma probabilmente lo farà molto più rapidamente di quanto essa stessa, e le altre potenze, possano immaginare.

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