Secondo il Tar Veneto (sentenza n. 2292/2024) deve essere riconosciuta non solo la visione ma anche la possibilità di “fotografare” i documenti storici per finalità di ricerca, in ragione delle rilevanti finalità di pubblico interesse sottese, con la precisazione che, qualora contengano dati personali, questo è possibile nei limiti in cui sia dimostrato che la loro conoscenza è strettamente necessaria in relazione alle finalità della ricerca svolta.

Grava pertanto sulla parte interessata l’onere di dimostrare che la documentazione alla quale intende accedere sia utile e necessaria rispetto al progetto di ricerca svolto, mentre l’Amministrazione che detiene il documento, deve valutare, sulla base di un apprezzamento anteriore, la sussistenza di un nesso di strumentalità tra l’istanza di consultazione e la documentazione richiesta, nonché l’esistenza di un’astratta pertinenza rispetto alle finalità della ricerca prospettata.

Il caso esaminato - Nella vicenda lo studioso aveva chiesto al giudice amministrativo l’annullamento della nota in cui il Comune aveva riconosciuto l’accesso alla documentazione richiesta nelle forme della sola consultazione. Il ricercatore, con apposita istanza aveva chiesto di poter fotografare gli indici decennali di nascita e matrimonio dal 1871 e il 1901. Richiesta giustificata da esigenze di ricerca storica: in specie, uno studio sul fenomeno dell’emigrazione dal Veneto verso i paesi del Sud America alla fine del XIX secolo. La finalità dello studio – come specificato nell’istanza di accesso – era di rendere disponibili i relativi risultati online sia in Italiano che in brasiliano (portoghese) senza fini di lucro, in modo da permettere a tutti di capirne la rilevanza, come pure permettere ai discendenti di coloro che erano partiti oltre 100 anni prima, di ritrovare le proprie origini e magari visitare la terra dei propri avi. Tuttavia l’ente aveva ammesso la sola consultazione degli indici decennali, peraltro con la supervisione dell’ufficiale dello stato civile.

Diritto di accesso - La disciplina sul diritto d’accesso documentale, sotto il profilo oggettivo, reca una nozione normativa di documento amministrativo suscettibile di formare oggetto di un’istanza di accesso, molto lata, con inclusione di ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie, di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale. Entro questa definizione normativa, per il Tar, devono ricomprendersi anche gli indici decennali detenuti negli archivi del Comune dopo il decorso di settanta anni dalla loro formazione.

Il giudice lagunare ha evidenziato che il diritto di accesso agli atti amministrativi non può essere limitato alla sola visione degli atti, dovendosi ritenere visione ed estrazione di copia modalità congiunte e non alternative dell’esercizio del diritto in questione. L’eventuale, motivato, impedimento all’accesso si effettua infatti nelle sole forme dell’esclusione o del differimento, e non anche del divieto di estrazione di copia. A tal riguardo, deve osservarsi che la disciplina sul diritto di accesso definisce lo stesso come il diritto degli interessati di prendere visione “e” di estrarre copia di documenti amministrativi. E proprio l’utilizzo della congiunzione comporta che vi sia un legame inscindibile tra le due modalità di attuazione del diritto: ossia la visione e l’estrazione di copia.

Documenti consultabili - Il giudice ha inoltre chiarito che i documenti conservati negli archivi di Stato e negli archivi storici delle regioni, degli altri enti pubblici territoriali nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico, sono liberamente consultabili, ad eccezione di quelli contenenti i dati sensibili nonché i dati relativi a provvedimenti di natura penale espressamente indicati dalla normativa in materia di trattamento dei dati personali, che diventano consultabili quaranta anni dopo la loro data. Il termine è di settanta anni se i dati sono idonei a rivelare lo stato di salute, la vita sessuale o rapporti riservati di tipo familiare. Anteriormente al decorso dei termini indicati i documenti restano accessibili ai sensi della disciplina sull’accesso ai documenti amministrativi evidentemente bilanciando esigenze di trasparenza e di privacy. Infatti in base alle norme eurounitarie e nazionali emerge la necessità di un contemperamento tra il diritto di accesso agli archivi, e le esigenze di riservatezza dei dati trattati, secondo i principi di proporzionalità e minimizzazione, i quali non escludono l’ostensibilità degli atti in relazione alle finalità di ricerca storica, ivi compresi gli indici decennali, ma la subordinano a condizioni e limiti la cui sussistenza deve essere valutata dall’Amministrazione, trasferendo infine sull’interessato, ove l’accesso sia consentito, l’onere di utilizzare e custodire i dati acquisiti con responsabilità.

Fonte: Il Sole 24 Ore (Pietro Alessio Palumbo)

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