Con la sentenza del 14 maggio 2025 (causa T-36/23), il Tribunale dell’Unione europea (Grande Sezione) ha affermato un principio destinato a incidere significativamente sull’organizzazione documentale delle istituzioni pubbliche, stabilendo che anche gli SMS, al pari degli altri documenti digitali, possono costituire atti soggetti al diritto di accesso secondo le normative sulla trasparenza amministrativa.
La vicenda trae origine da una richiesta formulata da una giornalista del New York Times, volta a ottenere dalla Commissione europea copia dei messaggi scambiati tra la stessa Presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, nel contesto della gestione pandemica.
La Commissione aveva negato l’accesso alle informazioni, sostenendo genericamente di non detenere tali documenti. Il Tribunale ha ritenuto però la risposta inadeguata, annullando il diniego e precisando che l’istituzione era tenuta a fornire motivazioni chiare e verificabili circa l’asserita indisponibilità dei messaggi.
Qualora gli stessi fossero stati cancellati, la Commissione avrebbe dovuto infatti giustificarne le ragioni per cui ne era stata ritenuta non necessaria la conservazione.
Il Tribunale europeo ha sottolineato, in particolare ai punti 70 e 79 della sentenza, l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di dotarsi di procedure interne esplicite in materia di conservazione dei documenti digitali, incluse modalità e tempistiche. In assenza di tali discipline, si rischia di compromettere gravemente il diritto di accesso dei cittadini, poiché l’ente pubblico potrebbe non essere nemmeno in grado di identificare l’esistenza o la localizzazione delle informazioni richieste.
Tale obbligo si ricollega anche alle disposizioni dell’art. 5 del GDPR, che impone ai titolari del trattamento, incluse le pubbliche amministrazioni, di garantire la conservazione dei dati personali in modo conforme ai principi di integrità, disponibilità e limitazione della conservazione. Ciò vale anche per i dati contenuti nei dispositivi elettronici utilizzati dai dipendenti pubblici o dai titolari di incarichi politici.
Pur riconoscendo, come evidenziato al punto 77 della sentenza, che l’ambiente digitale produce volumi ingenti e continui di dati, il Tribunale afferma che ciò non può giustificare l’assenza di obblighi strutturati di archiviazione. Al contrario, le amministrazioni pubbliche devono adottare criteri non arbitrari per garantire la conservazione e la futura accessibilità delle informazioni, specialmente in vista del controllo diffuso sull’operato dell’amministrazione.
In quest’ottica, è essenziale che le pubbliche amministrazioni adottino regolamenti interni puntuali per disciplinare la conservazione e l’accesso a comunicazioni elettroniche quali SMS, email, messaggi istantanei e simili. Parallelamente, occorre promuovere presso il personale, i dirigenti e i titolari di cariche elettive una cultura della responsabilità istituzionale circa tali comunicazioni, che proprio in ragione della loro natura funzionale rientrano nell’ambito oggettivo della normativa sulla trasparenza.
La pronuncia conferma peraltro un orientamento già assodato anche nel diritto amministrativo italiano: sin dalla Legge n. 241/1990, è riconosciuto che il “documento amministrativo” comprende ogni rappresentazione, anche elettronica, di contenuti rilevanti per l’attività dell’amministrazione, indipendentemente dalla sua forma o dal supporto utilizzato.
Fonte: Federprivacy
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